Il bene si fa in silenzio. Tutto il resto è palcoscenico
Ersilia e Luca, una coppia come tante, si fidanzano da giovanissimi e poi, dopo pochi anni, il matrimonio. Vivono nel Salento, hanno un’officina di riparazioni auto, lui fa il meccanico mentre lei si occupa di tutto il resto. Una vita normale, semplice fino a quando non vengano a sapere che avrebbero avuto un bambino. La gioia dell’attesa, i primi preparativi e poi, in quel giorno di settembre, all’improvviso cambia tutto. Ersilia si sente male, non riesce più a muoversi, non comprende cosa le sta accadendo. La corsa in ospedale, prima a Copertino, poi a Gallipoli ed infine a Lecce, tre lunghissimi giorni per arrivare nel posto giusto dove ricevere le cure necessarie. I medici non comprendono subito di cosa si tratti. “O tu, o il bambino” le dicono. Ma Ersilia non cede, non ha alcuna intenzione di rinunciare. La portano nel reparto di terapia intensiva dove, per 30 giorni, immobile nel letto, monitorata costantemente, la curano con il cortisone ed il mannitolo.
“Mai dimenticherò il rumore dei macchinari e gli occhi lucidi di mio marito e dei miei familiari che mi guardavano al di là del vetro” ricorda commossa. Un mese lì dentro, un tempo lunghissimo per chi, come lei, è sempre stata lucida e vigile. Chiede ed ottiene di essere spostata in reparto ma dopo pochi giorni subentrano delle complicazioni, inizia ad avere delle perdite ed è necessario far nascere il bambino. Così, Il 15 ottobre del 2018, viene alla luce Marco, 750 grammi. “Ero felicissima di averlo salvato anche se non ho potuto provare l’emozione di prenderlo in braccio e di sentirlo piangere per la prima volta”.
Ma Ersilia sta male. Le sue condizioni di salute, già gravi, peggiorano dopo il parto. Ora tocca a lei lottare per sopravvivere. “Dovevo salvarmi” racconta. “Dovevo farlo per lui, per mio marito e per tutti quelli che mi volevano bene”. Una nuova operazione, poi due giorni in rianimazione ed altri 30 giorni nella Stroke della Neurochirurgia. “Ne sono uscita debole, confusa e triste perché in quei giorni di assoluto silenzio, sola con me stessa, ho avuto il tempo di realizzare quanto era accaduto.”
Arriva il giorno delle dimissioni dall’Ospedale di Lecce ma il suo calvario è tutt’altro che finito. I medici non le danno molte speranze di tornare a camminare. Il lato sinistro del suo corpo è paralizzato ed il lato destro atrofizzato dalla lunga immobilità. “Era tutto così strano e privo di significato. Nemmeno il ritorno a casa mi aveva fatto bene ed il pensiero di non poter tornare più come prima mi rendeva irrequieta”.
Quando giunge a San Giovanni Rotondo per la riabilitazione presso il Presidio de “Gli Angeli di Padre Pio”, Ersilia è delusa, arrabbiata, sfiduciata e rassegnata al peggio. “Il primo mese è stato terribile. Mi rifiutavo di parlare e di collaborare. Per me era del tutto inutile stare qui, anzi, la sentivo come una punizione, come se avessero voluto allontanarmi dalla mia casa”. Eppure, nonostante le prime comprensibili difficoltà, attraverso il lavoro quotidiano dei terapisti e l’ausilio delle nuove tecnologie, l’empatia di tutto il personale riesce a fare breccia nella corazza di questa giovane donna che, lentamente, si scioglie e ritrova la determinazione e la forza di volontà che, prima dell’incidente, avevano da sempre caratterizzato la sua vita. I risultati ottenuti nelle ultime settimane sono straordinari e la stessa Ersilia quasi non crede ai suoi occhi. Ora cammina sulle sue gambe e sta ritrovando anche la completa mobilità dell’arto superiore sinistro.
“Qui ho trovato persone che non mi sarei aspettata, persone che hanno creduto insieme a me, anzi, più di me. Quando mio marito, a mia insaputa, è venuto a trovarmi insieme a nostro figlio e finalmente ho potuto prenderlo in braccio, davvero non riuscivo trattenere la mia gioia. È stata un’emozione indescrivibile”.
Dopo tre mesi di degenza, questa giovane donna guerriera lascia “Gli Angeli” ed il suo commiato è commovente: una lunga lettera in cui ringrazia tutti quelli che hanno incrociato il suo cammino. La lista è così lunga che diventa impossibile riportare tutti i nomi ma una cosa è certa: tutti vorrebbero ringraziare lei per il ricordo che ha lasciato e per le emozioni vissute insieme durante questo periodo.
“Scusaci se, per una volta, lasceremo a te il ruolo della protagonista” rispondono. “Tu che nella vita hai sempre preferito fare da assistente di scena, dietro le quinte, per organizzare tutto e rendere felici le persone che hai intorno, che te la sei sempre cavata da sola e non hai mai voluto gravare su nessuno. Lasciaci, per un giorno, recitare la parte del pubblico in sala e raccogli i nostri applausi più sentiti e calorosi per quanto sei riuscita fare e per quanto ancora farai, grazie alla tua grande forza ed alla tua preziosa umanità, perché infondo lo sai anche tu, cara Ersilia, il bene si fa in silenzio e tutto il resto…è palcoscenico”.